TOPONOMASTICA LATINENSE

Enciclopedia online delle vie e piazze della città di Latina

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Espressamente dedicata alla toponomastica in generale, e non al solo mutamento delle denominazioni viarie, è la Legge 1188 del 23 giugno 1927, rubricata “Toponomastica stradale e monumenti a personaggi contemporanei”. Qui si prende atto che la toponomastica non è solo una questione di cultura e di storia, ma anche di ordine pubblico: serve alle persone per orientarsi nelle città, serve alle Istituzioni per identificare i luoghi e le persone che vi risiedono o che vi si trovano; è funzionale, insomma, al tranquillo progredire della vita e delle occupazioni umane. Per questo motivo la legge in esame così esordisce all’art. 1: “Nessuna denominazione può essere attribuita a nuove strade e piazze pubbliche senza la autorizzazione del Prefetto, udito il parere della Deputazione di storia patria, o, dove questa manchi, della Società storica del luogo o della regione”. Dal Ministero della Pubblica Istruzione (cui il Regio Decreto Legge n. 1558 del 1923 aveva attribuito la competenza in tema di onomastica stradale) la palla passa in mano al Ministero dell’Interno ed alle Prefetture, che da questo dipendono, le quali hanno il compito di autorizzare tutte le nuove denominazioni stradali. L’aspetto storico-culturale è sempre tenuto in considerazione, anche se forse in maniera meno incisiva rispetto al RDL 1558/1923: infatti all’approvazione delle Soprintendenze si sostituisce il semplice parere della Deputazione di Storia Patria o della società storica del luogo (per il Lazio ed il territorio pontino, l’ente competente è la Società Romana di Storia Patria).
L’art. 2 pone uno dei limiti più famosi, sempre tirato in ballo quando si parla di nuove intitolazioni e sulle cui eccezioni sempre si disquisisce (anche troppo, a volte). Quest’articolo infatti dice che: “Nessuna strada o piazza pubblica può essere denominata a persone che non siano decedute da almeno dieci anni”. La funzione di questo limite cronologico è ben comprensibile, ed è l’esigenza di “decantare entusiasmi, fanatismi ed opportunismi”, come dice il Mastrelli. Sempre più spesso invero, quando qualche personaggio di fama scompare, è tutto un susseguirsi di suppliche e richieste volte a fargli o farle intitolare subito qualcosa; così come sono frequenti solenni annunzî di sindaci ed assessori che promettono di provvedere quanto prima ad inserire il caro estinto nello stradario comunale. Ebbene, i famosi 10 anni servono proprio a far raffreddare il clima da “santo subito” che si crea in queste circostanze, così da permettere a tutti di meglio riflettere, più avanti ed a mente fredda, sulla reale opportunità e necessità di quell’intitolazione.
L’art. 3 sembra poco attinente alla toponomastica stradale, visto che riguarda principalmente la seconda materia oggetto della legge in esame: la posa di monumenti e lapidi a ricordo di personalità di spicco. Vi si legge infatti che “Nessun monumento, lapide od altro ricordo permanente può essere dedicato in luogo pubblico od aperto al pubblico, a persone che non siano decedute da almeno dieci anni. Rispetto al luogo deve sentirsi il parere della Commissione provinciale per la conservazione dei monumenti”. Praticamente, si riprendono il limite dei 10 anni e la necessità di sentire il parere di un’autorità culturale per applicarli a quest’ambito. Tuttavia, questa disposizione contiene anche una precisazione importante, che spesso rischia di passare inosservata. Per spiegarla, facciamo un passo indietro all’art. 2, che prescrive il limite dei famosi 10 anni. Orbene, questa disposizione è ripresa da quasi tutti i regolamenti comunali in materia di toponomastica, ma capita a volte che alcuni di questi ne riferiscano la sfera d’applicazione soltanto alle aree di circolazione (definite dal DPR 223/1989). In questo modo, quindi, il decennio di decantazione non sarebbe richiesto per parchi, campi sportivi o comunque per le varie aree “non di circolazione” che le Commissioni di Toponomastica sono competenti a denominare. Invero, il nostro bravo art. 3 impone il limite decennale anche per qualsiasi tipo di “ricordo permanente”. Quest’espressione, come si vede, ha una portata molto vaga e generica, tale da consentire di ricondurre in questa definizione anche le targhe che riportano il nome del parco, campo sportivo, biblioteca, etc. (targhe che, solitamente, sono di marmo o di metallo, e ben possono definirsi permanenti).
Gli articoli seguenti mirano tutti a disciplinare le eventuali deroghe alle disposizioni finora esaminate. Comincia l’art. 4 col dire che: “Tali disposizioni non si applicano ai monumenti, lapidi o ricordi situati nei cimiteri, né a quelli dedicati nelle chiese a dignitari ecclesiastici od a benefattori”. È una deroga di buon senso: essendo cimiteri e chiese luoghi aperti al pubblico, un’interpretazione rigorosa avrebbe potuto ricondurre nell’ambito applicativo della legge 1188/1927 anche le lapidi tombali e le iscrizioni che normalmente si trovano nelle chiese a ricordo di benefattori, parroci o vescovi. Ne sarebbe derivato, ad esempio, il divieto di segnalare con lapide permanente le sepolture nei cimiteri, almeno finché non fossero trascorsi 10 anni.
L’art. 5 stabilisce poi che “Le disposizioni degli artt. 2 e 3, primo comma, non si applicano a caduti di guerra o per la causa nazionale. È inoltre in facoltà del Ministero per l’Interno di consentire la deroga alle suindicate disposizioni in casi eccezionali, quando si tratti di persone che abbiano benemeritato della Nazione”. In questo modo, s’è ritenuto di esonerare le amministrazioni comunali dal rispettare il canonico limite decennale per casi particolari; sia con riguardo alle intitolazioni stradali, sia con riguardo a monumenti e lapidi. La deroga è automatica per quanto riguarda i caduti in guerra o per la causa nazionale (locuzione, quest’ultima, che fu originariamente dettata per includervi i martiri fascisti); originariamente era previsto che tale deroga automatica valesse anche per le persone della famiglia reale. La deroga è invece frutto di una valutazione caso per caso, operata dal Ministero (pel tramite del Prefetto), quando si tratti di persone benemerite che si sono distinte per il loro contributo alla Nazione. Secondo alcune interpretazioni un po’ azzardate, la deroga suddetta permetterebbe anche di intitolare vie o piazze a persone viventi, purché benemerite. Infatti il Ministero può consentire la deroga “alle suindicate disposizioni”, senza che la norma ponga limiti all’aspetto cui si può derogare: il Prefetto, quindi, può derogare al limite decennale, ma potrebbe derogare anche al divieto di dedicare strade o piazze pubbliche a persone che non siano decedute. Finora però questa interpretazione non ha avuto applicazione, anche se talvolta si incontrano casi di aree intitolate a persone viventi, perlopiù a scopo pubblicitario (è il caso del "lungomare delle stelle" a Jesolo, ad esempio); ma non è noto se tali iniziative abbiano ricevuto il benestare del Ministero dell’Interno.
L’art. 5 è una disposizione transitoria, che pose un limite di tempo alle amministrazioni locali per mettersi in regola, ma che oggi non esplica più effetti. Essa dice che “Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, le amministrazioni comunali dovranno procedere alla modificazione delle denominazioni stradali ed alla rimozione dei monumenti, lapidi od altri ricordi permanenti che contravvengano al divieto di cui agli articoli 2 e 3, fatta eccezione di quelli la cui conservazione sia espressamente autorizzata dal Ministro per l'Interno ai sensi del secondo comma dell'articolo precedente. In difetto, provvederanno i prefetti, a spese dell'amministrazione inadempiente. In caso di rimozione di un nome recente, sarà di preferenza ripristinato quello precedente o quello tra i precedenti che si ritenga più importante rispetto alla topografia o alla storia”.
L’art. 6 è una disposizione di coordinamento e si limita a precisare che “nulla è innovato al RDL 1558/1923”.
 
 
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