TOPONOMASTICA LATINENSE

Enciclopedia online delle vie e piazze della città di Latina

HOME

STORIA TOPONOMASTICA

SUDDIVISIONI TERRITORIALI INDICI ALFABETICI
STATISTICHE

LEGISLAZIONE

DOCUMENTI CONTATTI
 
 
Un documento legislativo più recente, dopo le leggi del 1923 e del 1927, è il Decreto del Presidente della Repubblica 223 del 30 maggio 1989, rubricato “Nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente”. Esso è composto di 58 articoli, che disciplinano il funzionamento degli ufficî anagrafici dei Comuni e che sostituisce le precedenti leggi in materia (la legge 1228/1954 ed il DPR 136/1958). La materia di cui questo decreto tratta è molto ampia e non tutti gli articoli che vi sono compresi sono rilevanti ai fini del nostro discorso sulla toponomastica. Quello che ci interessa è soprattutto il Capo VII, intitolato “Adempimenti topografici ed ecografici”. Lasciando da parte i primi articoli (38, 39 e 40), che regolamentano la tenuta della cartografia del territorio comunale e gli aggiornamenti che vi vanno fatti, passiamo subito all’art. 41, che dispone in merito agli adempimenti ecografici.
L’art. 41 esordisce, al primo comma, sancendo che “Ogni area di circolazione deve avere una propria distinta denominazione da indicarsi su targhe di materiale resistente”; continua al comma 2 specificando che “Costituisce area di circolazione ogni spazio (piazza, piazzale, via, viale, vicolo, largo, calle e simili) del suolo pubblico o aperto al pubblico destinato alla viabilità”. Questa disposizione sancisce esplicitamente che intitolare le aree di circolazione è un dovere dell’amministrazione (ogni area “deve” avere una propria denominazione), perciò viene imposto ai Comuni, ai fini di una più corretta tenuta delle registrazioni anagrafiche, di identificare ogni area di circolazione presente nel territorio di loro competenza. “Area di circolazione” è una locuzione più generica di quelle utilizzate nei provvedimenti legislativi più risalenti, che parlavano invece di “strade o piazze”, lasciando virtualmente scoperta tutta la vasta gamma di DUG che può trovarsi in giro per l’Italia. Si specifica poi che cosa davvero sono le aree di circolazione, chiarendo che è tale ogni spazio usato a fini di viabilità, anche il più insignificante, anche quello in cui non vi sono costruzioni o residenti; purché sia pubblico o quantomeno aperto al pubblico. Ecco una cosa importante: si parla qui di ogni area “del suolo pubblico o aperto al pubblico”. Ciò vuol dire che, contrariamente a quanto spesso si sente dire, anche le strade private devono avere una denominazione, purché siano aperte alla pubblica circolazione (e quindi non siano chiuse da cancelli o da altre barriere a carattere permanente). Ciò è confermato anche dal regolamento dell’ISTAT, che al Titolo III sancisce che “ogni via …. comprese anche le strade private, purché aperte al pubblico, costituisce una distinta area di circolazione”.
I commi successivi si occupano più da vicino della denominazione delle aree di circolazione. Il comma 3 ribadisce che “L'attribuzione dei nomi dev’essere effettuata secondo le norme di cui al regio decreto-legge 10 maggio 1923, n. 1158, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, e alla legge 23 giugno 1927, n. 1188, in quanto applicabili”, chiarendo dunque che, in tema di toponomastica, quelli restano i capisaldi da seguire. Il comma 4 mira invece a salvaguardare la memoria delle denominazioni soppresse, stabilendo espressamente che “In caso di cambiamento di denominazione dell'area di circolazione, dev’essere indicata anche la precedente denominazione”. C’è da dire che spesso quest’obbligo viene ignorato dalle amministrazioni comunali, e spesse volte della precedente denominazione non s’ha traccia. A Latina in qualche caso, soprattutto nei Borghi, si può leggere la vecchia denominazione in caratteri minuscoli, sul lato superiore od inferiore della targa metallica; ma nella maggioranza dei casi le vecchie denominazioni cadono nell’oblio. Il comma 5, ultimo ma non meno importante, sancisce che “Nell'ambito del territorio comunale non può essere attribuita una stessa denominazione ad aree di circolazione dello stesso tipo, anche se comprese in frazioni amministrative diverse”. Si vuole così evitare che, all’interno di uno stesso comune, vengano ad esistenza odonimi identici (ad esempio, due aree denominate entrambe Via Garibaldi). Il divieto però vale solo per le aree dello stesso tipo, quindi non coinvolge quelle contraddistinte da DUG diverse (ad esempio, Via Garibaldi e Largo Garibaldi). Infine, non è assolutamente rilevante che le due aree in questione si trovino in frazioni o luoghi diversi e che pertanto sia più difficile confonderle: pel solo fatto di essere nello stesso comune e d’avere lo stesso nome, esse sottostanno a questa disposizione. Anche se il comma 5 non lo specifica, è implicito che l’amministrazione comunale, in caso venisse riscontrata un’omonimia, dovrà procedere quanto prima a cambiare una delle denominazioni.
L’art. 42 riguarda invece un elemento che segue, come conseguenza logica, l’attribuzione dell’odonimo, cioè la numerazione civica. Esso così dispone: “1. Le porte e gli altri accessi dall'area di circolazione all'interno dei fabbricati, di qualsiasi genere, devono essere provvisti di appositi numeri da indicarsi su targhe di materiale resistente. 2. L'obbligo della numerazione si estende anche internamente ai fabbricati, per gli accessi che immettono nelle abitazioni o in ambienti destinati all'esercizio di attività professionali, commerciali e simili. 3. La numerazione degli accessi, sia esterni sia interni, dev’essere effettuata in conformità alle norme stabilite dall'Istituto centrale di statistica in occasione dell'ultimo censimento generale della popolazione e alle successive eventuali determinazioni dell'Istituto stesso”. La numerazione civica è complementare alla denominazione stradale e permette una gestione più precisa e capillare dell’anagrafe comunale. Come chiarito al terzo comma, le norme che determinano le modalità in cui i numeri civici vanno posizionati ed i criterî da seguire nella loro attribuzione sono precisate, in occasione dei censimenti, con una circolare dell’ISTAT. A questo link potrete trovare il Titolo III, che disciplina specificamente le aree di circolazione.
Anche l’art. 43 si focalizza sulla numerazione civica, elencando gli obblighi che i proprietarî dei fabbricati hanno in materia e stabilendo la procedura da seguire. Si tralascia di riportare quest’articolo per intero: basti dire che i numeri civici vanno richiesti al Comune non appena ultimata la costruzione del fabbricato, assieme alla domanda per ottenere l’abitabilità o l’agibilità.
L’art. 44 disciplina invece il coordinamento tra gli ufficî anagrafici e quelli che si occupano dell’onomastica stradale e della numerazione civica, qualora queste funzioni siano di competenza di organi diversi. Esso dice che “1. Nei comuni in cui gli adempimenti topografici ed ecografici sono esplicati da uffici organicamente distinti da quello di anagrafe, gli uffici predetti devono comunicare a quest'ultimo le disposizioni ed i provvedimenti da essi presi, concementi l'onomastica delle aree di circolazione e la numerazione civica. 2. Le comunicazioni predette devono essere effettuate entro lo stesso mese in cui i provvedimenti sono stati adottati; per i provvedimenti presi nell'ultima settimana del mese, la comunicazione può aver luogo nei primi sette giorni del mese successivo”.
L’art. 45 chiude il Capo VII disponendo: “In ciascun comune l'ufficio preposto agli adempimenti ecografici deve curare la compilazione e l'aggiornamento dello stradario secondo le indicazioni fornite dall'Istituto centrale di statistica”. Questa norma quindi impone all’ufficio competente di tenere un elenco aggiornato delle denominazioni stradali esistenti, nonché di quelle esistite e poi soppresse, visto che il termine “aggiornamento” non implica la cancellazione dall’elenco del vecchio odonimo, ma solo la precisazione ch’esso non è più in uso e l’inserimento della nuova denominazione. Lo stradario è uno strumento molto utile per ottemperare nel migliore dei modi agli obblighi posti dagli articoli precedenti, soprattutto perché consente di rintracciare ed evitare facilmente le omonimie tra aree: esso infatti fornisce un quadro completo di tutti i nomi già usati. Quanto alle indicazioni fornite dall’ISTAT, si richiama il Titolo V della normativa ISTAT (questo il link), che descrive le procedure di tenuta dello stradario comunale.
Il Capo VIII del DPR 223/1989 concerne le revisioni che vanno eseguite in occasione dei censimenti, e tra gli articoli ivi racchiusi quello che rileva di più ai fini della presente trattazione è l’art. 47. Esso disciplina la revisione dell’onomastica stradale e della numerazione civica e stabilisce al comma 1 che “Nel quadro dei lavori preparatori ai censimenti generali della popolazione, i comuni devono provvedere alla revisione dell'onomastica delle aree di circolazione e della numerazione civica, al fine di adeguarle alla situazione di fatto esistente, avendo particolare riguardo ai cambiamenti di denominazione, all'apertura di nuove strade, a nuove costruzioni, ampliamenti, demolizioni, ecc.”. Praticamente, si regolamenta l’esecuzione dell’aggiornamento già menzionato all’art. 45. I commi 2 e 3 chiariscono poi che “La revisione viene effettuata d'ufficio, indipendentemente dalla richiesta dei proprietari dei fabbricati di cui all'art. 43 ed a prescindere dall'eventuale carattere abusivo delle abitazioni di nuova costruzione”; e che “È fatto obbligo ai Comuni di osservare le modalità tecniche stabilite nell'occasione dall'Istituto centrale di statistica”.
È importante anche il Capo IX, che pone in capo al Sindaco l’obbligo d’assicurare la regolare esecuzione degli adempimenti topografici ed ecografici (art. 51) e dà al Prefetto, al Ministero dell’Interno ed all’ISTAT il potere di vigilare sul rispetto delle norme del DPR (artt. 52 e 54). Soprattutto, l’art. 55 stabilisce che “Qualora, a seguito delle ispezioni di cui agli articoli precedenti, risultassero situazioni irregolari nella tenuta delle anagrafi e degli ordinamenti topografici ed ecografici, il prefetto o, rispettivamente, il Ministero dell'interno e l'Istituto centrale di statistica, possono disporre ispezioni di carattere straordinario, il cui onere viene posto a carico dei comuni inadempienti, salvo rivalsa nei confronti degli eventuali responsabili”.
 
 
HOME LEGISLAZIONE